mercoledì 4 gennaio 2017

"Gloria" di Vivaldi: tra danze e inni

Il "Prete rosso" così soprannominato per via del particolare colore dei suoi capelli, eccelso violinista e compositore, non ricevette mai in commissione un lavoro di carattere sacro, né divenne mai maestro di cappella. Furono forse queste le ragioni per cui il pretino veneziano si concentrò soprattutto sulla produzione sinfonica in primis e quella operistica in secondo luogo.
Era consuetudine vivaldiana scrivere per i suoi lavori corali delle introduzioni in forma di mottetto. Solo quattro introduzioni ci sono pervenuti per questi Gloria: Cur Sagittas (RV 637), Jubilate, o amoeni cori (RV 639), Longe Mala, Umbrae, Terrores (RV 640) e Ostro Picta (RV 642).

Mentre i "Gloria " a noi giunti sono l'RV 588 e RV589.
Pio Ospedale della Pietà
Il primo, Gloria, sicuramente meno noto del secondo, fu composto presumibilmente durante l'attività di Vivaldi presso il Pio Ospedale della Pietà: istituto fondato nel 1346 era il più prestigioso dei quattro ospedali femminili di Venezia in cui trovavano assistenza bambini orfani, o provenienti da famiglie molto povere, che imparavano un mestiere e lasciavano l'istituto all'età di 15 anni; le ragazze invece ricevevano una educazione musicale e quelle di maggior talento diventavano membri dell'ospedale. In funzione delle differenti capacità dimostrate, esisteva tra queste una suddivisione gerarchica dalle figlie di coro, alle più esperte dette privilegiate di coro, fino alle maestre di coro che insegnavano. 


interno dell'edificio con coro
Il cronista-musicofilo Charles de Brosses certificherà ammirato:

« La musica eccezionale è quella degli Ospedali dove le "putte" cantano come gli angeli e suonano il violino, l'organo, l'oboe, il violoncello, il fagotto; insomma non c'è strumento che le spaventi. »

La data di composizione tra questo Gloria e l'RV 589 è ancora in discussione, ma entrambi mostrano ispirazioni compositive l'uno dall'altro.
L'RV 588, come l'RV 589 scritto nella tonalità di Re maggiore, adotta ampiamente l'impostazione a due cori dello stesso testo del compositore veronese Giovanni Maria Ruggieri (il quale sarà numerato dal catalogo Ryom al RV Anh. 23). 
Sulla partitura autografa che Vivaldi possedeva ci sono annotazioni di suo pugno che dimostrano che egli ne aveva sicuramente rivisto la struttura. Il titolo originale del Ruggieri è "Gloria per due chori" ed è datato 9 settembre 1708. 
Molti movimenti presentano ispirazioni da questa composizione e due movimenti ("Qui tollis peccata mundi" e "Cum sancto Spiritu") furono copiati dal Gloria di Ruggieri (sebbene il "Qui tollis peccata mundi" ometta completamente il secondo coro e il "Cum sancto Spiritu" sia stato leggermente modificato). Il primo movimento del RV 588 è anche una versione estesa del RV Anh. 23, senza il secondo coro impiegato nel RV Anh. 23 e anche con le misure delle progressioni degli accordi. 

Nel GLORIA RV 588 i movimenti sono:
  1. Introduzione (RV 639): Aria "Jubilate o amoeni cori" (Contralto)
  2. Recitativo "In tam solemni pompa" (Contralto)
  3. Aria "Sonoro Modulamine" (Contralto) — Gloria in excelsis Deo RV 588 (Coro)
  4. Et in terra pax (Coro)
  5. Laudamus te (Soprani I e Soprano II)
  6. Gratias agimus tibi (Coro)
  7. Domine Deus (Tenore)
  8. Domine, Fili unigenite (Coro)
  9. Domine Deus, Agnus Dei (Coro)
  10. Qui tollis peccata mundi (Coro)
  11. Qui sedes ad dexteram Patris (Contralto)
  12. Quoniam tu solus sanctus (Soprano)
  13. Cum Sancto Spiritu (Coro)

le più famose edizioni del Gloria di Vivaldi (da sinistra) Bärenreite, Ricordi, Peters

Nel GLORIA RV 589 i movimenti sono:
  1. Gloria in excelsis Deo, allegro (Coro)
  2. Et in terra pax hominibus, andante (Coro)
  3. Laudamus te, allegro (Soprani I e II)
  4. Gratias agimus tibi, adagio (in molte versioni è considerato unito al numero successivo) (Coro)
  5. Propter magnam gloriam,allegro (Coro)
  6. Domine Deus, largo (Soprano)
  7. Domine Fili Unigenite, allegro (Coro)
  8. Domine Deus, Agnus Dei, adagio (Contralto e Coro)
  9. Qui tollis peccata mundi, adagio (Coro)
  10. Qui sedes ad dextram Patris, allegro (Contralto)
  11. Quoniam tu solus Sanctus, allegro (Coro)
  12. Cum Sancto Spiritu, allegro (Coro)

Analizziamo il GLORIA RV 589
Stiamo parlando di circa trenta minuti di poesia musicale, poco tempo quanto basta per far vivere emozioni di intensa profondità.
Quella che segue non sarà un'analisi formale, armonica o strutturale, ma emotiva, semplice come l'orecchio e il cuore dello spettatore che si presta a vivere queste splendide pagine.

1. Gloria in excelsis Deo. Non poteva comporre una presentazione migliore di quella con la quale "apre" questo meraviglioso capolavoro. Già dalle prime note si avvertono forti richiami alle sue "quattro stagioni", la vivacità, la dinamicità che poi sfocia in uno squarcio celeste del coro che come trombe riecheggiano con una sillabazione ad unisono l'inno più importante per il mondo ecclesiastico. Solo nella ripresa inizia un discreto sfalsamento sillabico e polifonico che poi si ricongiunge con solennità.
2. Et in terra pax hominibus. In questo movimento emerge il lirismo pre-romantico, con suono paterno le voci maschili cullano antichi versi, seguiti poi dalle voci femminili che come madri accarezzano note morbide appartenenti ad un registro grave che con frequenze larghe dondolano la pace. Emergono di volta in volta moderate tensioni armoniche che puntualmente risolvono in un' apertura, come se il tormento si affievolisse a favore della pace. Le note acute dei soprani sono sempre discrete, morbide, nulla è fuori posto poiché l'obiettivo principale è quello di creare un'estasi dello spirito.
3. Laudamus te. Scritto per due soprani o soprano e alto. Poca era la differenza timbrica nel periodo barocco. Non importano i ruoli ma la purezza e l'intensità emotiva. Questo movimento si scosta dall'andante precedente, conducendo l'ascoltatore nel primo vero movimento allegro. Il canto delle soliste ricorda due usignoli che si rincorrono in un gioco di delicati virtuosismi mentre l'orchestra crea il colore e l'odore della terra proiettando verso un non finito.
4-5. Gratias, agimus tibi. Dopo il volteggiare delle voci nel movimento precedente, ritorna la solennità del coro che sigilla il suo Grazie. Subito dopo, con il Propter magnam gloria tua anche le voci del coro riflettono con agilità e briosità la precisa leggerezza del suono della natura che in maniera intelligente si appoggia ad accenti, sfumature come rami dai quali poi saltare giù per riprendere il volo, il tutto termina con eleganza in un aperto accordo maggiore.
6. Domine Deus. Con questo brano iniziano le danze, un valzer lento che con serenità culla l'ascoltatore verso una meditazione celeste. Continue tensioni proiettano il suono e il fiato nell'infinito, nell'oltre al quale apprestarsi con estrema serietà e positività, anche la progressione finale non produce tensioni, paure ma solo un andare avanti, come qualcuno caro che prendendoti per mano ti accompagna in un luogo lontano.
7. Domini Fili Unigenite. Il valze-culla del movimento precedente diventa moto, movimento, diventa un valzer che ricorda il suono delle fronde degli alberi in una fresca giornata primaverile.
8. Domine Deus, Agnus Dei. La preghiera lascia il tempo di valzer per ritornare terra, introdotta da un delicato violoncello. La madre terra chiama e la natura risponde. Si tratta di un dialogo fatto da una presenza forte e un suono, quello del coro che come un eco con discrezione si avvicina e poi si dissolve, e come la perfezione della natura insegna: tutto rientra nella figura del cerchio, così tutto ciò che è stato annunciato dal suono del violoncello, tutto viene perfettamente richiuso (o riaperto) dallo stesso.
9. Qui tollis peccata mundi. Nella perfetta sillabazione ad unisono il coro riprende la maestosità di un brevissimo inno che a momenti si apre in un fugato che non si sviluppa ma porge la mano al movimento successivo.
10. Qui sedes ad dextram Patris. Introdotto dal impetuosi archi, quanto si sta per ascoltare rientra nella categorie delle arie di fuoco tipiche del periodo barocco. Un fuoco in tempo ternario che gioca sul contrasto della voce femminile del solista che con lunghe note porge una tensione crescente mentre i violini ribadiscono il fuoco dal quale nasce del testo concludendo con tensivo trattenuto.
11-12. Quoniam tu solus Sanctus. Come trombe si riprende la solenne scansione sillabica sincrona che sfocia ne Cum Sancto Spiritu in un misto di polifonica solennità, alternata da delicati fraseggi ripresi e riproposti in varie altezze sonore. Il coro è padrone e domina con elegante e presente fraseggio il tessuto musicale che rallenta e si ferma (o non si ferma) solo sul sigillo della parola Amen.

S.G.



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