lunedì 11 dicembre 2017

ALÉTHEIA: L'ESSENZIALE SECONDO PALESE


Classico ma profondamente moderno. Il fraseggio musicale Palese, uno dei più illustri maestri sassofonisti jazz del Salento, è lo specchio del suo mondo, delle sue esperienze, dagli innovativi  anni ’80 all’intimità e essenzialità del contemporaneo.
Sono trascorsi tre anni dal precedente lavoro discografico e ora Palese riappare sulla scena con ben nove tracce con un un groove tra il funky e latin jazz. Solo a un musicista con alle spalle studi filosofici poteva venire in mente di intitolare “Alètheia” (= verità dal greco) la nuova sfida musicale che fa proprio della verità il fil rouge che attraversa tutto il progetto.
E’ un disco che ispira positività ed energia “aperto” un po' per tutti i palati musicali. 
Tra gli artisti ospiti di questo progetto discografico incontriamo la voce di Carolina Bubbico, la chitarra di Marco Ancona, la tromba di Alessandro Dell’Anna, il trombone di francesco Leone, il flicorno di Lucia Ianiello, le percussioni di Carlo Marzo, tutti raggruppati in un disco nato dalle menti dello stesso Palese (sassofonista e compositore) con Pietro Vincenti (pianoforte e tastiere), Paolo Romano (basso) e Francesco Pennetta (batteria).
Passando da “Tatthellu” a “Cuba blues” a “Wind of five” sono sempre molto forti le contaminazioni jazz sottolineate dalla ritmica e dalle chitarre incorniciate dal puro sassofono di Palese che non sovrasta ma dialoga con elegante sapienza con gli altri strumenti sviluppando sempre nuove domande e nuove emozioni. “Guarda che Luna” di Buscaglione è l’unico brano non originale del disco ed è parafrasato con un sapiente gioco sviluppante continue tensioni.

Alètheia, lavoro discografico edito dall’etichetta AlfaMusic, rispecchia nella totalità lo stato d’animo jazz di Palese e dei suoi compagni di viaggio nel presente, diretti, essenziali con un sound caldo, vellutato e al contempo fresco e in continuo progresso.


S.G. 

giovedì 16 novembre 2017

ITALYA



ITALYA
L'ISOLA DELLA RUGIADA DIVINA


A volte accade per caso di imbatterti in qualcosa di unico, impossibile da catalogare in qualche genere musicale per via delle molteplici sensazioni che si accavallano, gli archivi mentali si aprono e in ogni dove, in ogni stanza risiede una parte di ciò che stai ascoltando e vivendo.
Un progetto azzardato quello di Delilah (che in questo progetto ricopre il ruolo di compositrice e cantante) e di Raphael Negri (violinista) basato solo sulle sonorità ancestrali e eteree del violino e voce, null'altro. Indubbia la qualità artistica dei musicisti, l'attacco e la pulizia dei suoni, l'elegante fraseggio, l'accuratezza dei dettagli,  delle piccole inflessioni sonore, la qualità del legato, la scelta dei tempi e non in ultimo la meravigliosa amalgama d'animo prima ancora di quella sonora dei due artisti. Ascoltando ITALYA si richiamano tutti i propri credo, è una grande preghiera che ti conduce nei posti più sereni della propria essenza.
Raphael Negri con il suo sapiente respiro, con il suo sentire e proporre le estatiche melodie, dialoga come una vera e propria voce-la voce del suo violino con Gutman, i brani diventano duetti e i duetti messaggi di una cultura ebraica spennellata con la musica sefardita e yiddish. Delilah Sharon Gutman con la sua forte presenza e coscienza vocale, attraversa con disinvoltura con il suo strumento modi esecutivi e registri sonori molto differenti portando però con sé sempre una grande eleganza avvolta da pesanti veli della tradizione.
Il progetto discografico edito da Stradivarius è accompagnato con un libretto molto dettagliato e tradotto. Il viaggio musicale sviluppato su 26 brani, narra di inni religiosi (piyyutim), inni nuziali, ninnenanne e canzoni d'amore tutti trascritti e adattati al duo. Il titolo ITALYA che in ebraico significa "isola della rugiada divina" rappresenta il punto di incontro con la cultura ebraica dei due musicisti che con la loro sensibilità hanno raccolto suoni, voci, testi del passato e rigenerandole con intensa passione verso una tradizione senza fine. "La memoria parla un canto. Il canto che nasce come memoria cavalca la melodia per sfuggire facilmente all'oblìo" (Haim Baharier 1947 - brano n.25 musicato ed eseguito dal duo).

S.G.


giovedì 5 gennaio 2017

George Prêtre: dalla radio al podio

Ci lascia all'età di 92 anni una leggenda del mondo della musica classica.
Prêtre non eseguiva solo la musica, la viveva, la respirava, ogni suo gesto era pura espressione interiore, un gesto che non si fermava solo all'uso del polso o del braccio ma anche dei muscoli mimici, delle micro espressioni che affascinavano gli attenti orchestrali.
La notizia è stata data ieri sera dal Teatro La Scala al quale il Maestro era legato da un sodalizio ultra decennale. Prêtre si spegne nella sua casa in Francia, ha diretto quasi fino alla fine dei suoi giorni, ben 70 anni sul podio e non sentirne il peso, la stanchezza anzi a detta dei musicisti che hanno avuto la fortuna di essere diretti dal Maestro affermavano con stupore che il suo entusiasmo, la sua energia e il suo trasporto verso la musica erano tali da sembrare un evergreen. Ricorda il soprintendete, Alexander Pereira, «gli orchestrali commentarono che sembrava più giovane di loro»

Nasce il 14 agosto del 1924 a Waiziers e nel 1966 debutta dirigendo dei "mostri della lirica" Freni, Gedda, Ghiaurov nell'opera Faust di Gounod, da allora non si è più fermato tanto che proprio al Teatro La Scala avrebbe dovuto dirigere nella Stagione Sinfonica a marzo del 2017.

Figlio di un calzolaio si innamorò della musica a sette anni, ascoltando in radio per puro caso un concerto. Iniziò a studiare la tromba, solo perché più economica rispetto all'oboe, strumento che in realtà catturò la sua attenzione. Grazie alla tromba si esibì nelle botteghe parigine e un giorno incontrò Jean Marny, direttore dell’opera di Marsiglia, che nel 1946 lo fece debuttare e gli presentò la figlia Gina, con cui è stato sposato per tutta la vita.

Elencare le orchestre che ha diretto, le Stagioni Sinfoniche, operistiche sarebbe superfluo per il semplice fatto che George Prêtre è parte della Musica dal giorno della sua nascita ad oggi. Diceva di sentirsi ispirato, di riuscire a mettersi in contatto con lo spirito del compositore e della musica, diceva che il podio era il suo paradiso e così se ne è andato, con un sorriso e forse con il rammarico di non poter assolvere all'ultimo suo impegno scaliero.
Noi lo ricorderemo come il Peter Pan della Musica, sempre viva, sempre dinamica e sempre curiosa.

S.G.



mercoledì 4 gennaio 2017

"Gloria" di Vivaldi: tra danze e inni

Il "Prete rosso" così soprannominato per via del particolare colore dei suoi capelli, eccelso violinista e compositore, non ricevette mai in commissione un lavoro di carattere sacro, né divenne mai maestro di cappella. Furono forse queste le ragioni per cui il pretino veneziano si concentrò soprattutto sulla produzione sinfonica in primis e quella operistica in secondo luogo.
Era consuetudine vivaldiana scrivere per i suoi lavori corali delle introduzioni in forma di mottetto. Solo quattro introduzioni ci sono pervenuti per questi Gloria: Cur Sagittas (RV 637), Jubilate, o amoeni cori (RV 639), Longe Mala, Umbrae, Terrores (RV 640) e Ostro Picta (RV 642).

Mentre i "Gloria " a noi giunti sono l'RV 588 e RV589.
Pio Ospedale della Pietà
Il primo, Gloria, sicuramente meno noto del secondo, fu composto presumibilmente durante l'attività di Vivaldi presso il Pio Ospedale della Pietà: istituto fondato nel 1346 era il più prestigioso dei quattro ospedali femminili di Venezia in cui trovavano assistenza bambini orfani, o provenienti da famiglie molto povere, che imparavano un mestiere e lasciavano l'istituto all'età di 15 anni; le ragazze invece ricevevano una educazione musicale e quelle di maggior talento diventavano membri dell'ospedale. In funzione delle differenti capacità dimostrate, esisteva tra queste una suddivisione gerarchica dalle figlie di coro, alle più esperte dette privilegiate di coro, fino alle maestre di coro che insegnavano. 


interno dell'edificio con coro
Il cronista-musicofilo Charles de Brosses certificherà ammirato:

« La musica eccezionale è quella degli Ospedali dove le "putte" cantano come gli angeli e suonano il violino, l'organo, l'oboe, il violoncello, il fagotto; insomma non c'è strumento che le spaventi. »

La data di composizione tra questo Gloria e l'RV 589 è ancora in discussione, ma entrambi mostrano ispirazioni compositive l'uno dall'altro.
L'RV 588, come l'RV 589 scritto nella tonalità di Re maggiore, adotta ampiamente l'impostazione a due cori dello stesso testo del compositore veronese Giovanni Maria Ruggieri (il quale sarà numerato dal catalogo Ryom al RV Anh. 23). 
Sulla partitura autografa che Vivaldi possedeva ci sono annotazioni di suo pugno che dimostrano che egli ne aveva sicuramente rivisto la struttura. Il titolo originale del Ruggieri è "Gloria per due chori" ed è datato 9 settembre 1708. 
Molti movimenti presentano ispirazioni da questa composizione e due movimenti ("Qui tollis peccata mundi" e "Cum sancto Spiritu") furono copiati dal Gloria di Ruggieri (sebbene il "Qui tollis peccata mundi" ometta completamente il secondo coro e il "Cum sancto Spiritu" sia stato leggermente modificato). Il primo movimento del RV 588 è anche una versione estesa del RV Anh. 23, senza il secondo coro impiegato nel RV Anh. 23 e anche con le misure delle progressioni degli accordi. 

Nel GLORIA RV 588 i movimenti sono:
  1. Introduzione (RV 639): Aria "Jubilate o amoeni cori" (Contralto)
  2. Recitativo "In tam solemni pompa" (Contralto)
  3. Aria "Sonoro Modulamine" (Contralto) — Gloria in excelsis Deo RV 588 (Coro)
  4. Et in terra pax (Coro)
  5. Laudamus te (Soprani I e Soprano II)
  6. Gratias agimus tibi (Coro)
  7. Domine Deus (Tenore)
  8. Domine, Fili unigenite (Coro)
  9. Domine Deus, Agnus Dei (Coro)
  10. Qui tollis peccata mundi (Coro)
  11. Qui sedes ad dexteram Patris (Contralto)
  12. Quoniam tu solus sanctus (Soprano)
  13. Cum Sancto Spiritu (Coro)

le più famose edizioni del Gloria di Vivaldi (da sinistra) Bärenreite, Ricordi, Peters

Nel GLORIA RV 589 i movimenti sono:
  1. Gloria in excelsis Deo, allegro (Coro)
  2. Et in terra pax hominibus, andante (Coro)
  3. Laudamus te, allegro (Soprani I e II)
  4. Gratias agimus tibi, adagio (in molte versioni è considerato unito al numero successivo) (Coro)
  5. Propter magnam gloriam,allegro (Coro)
  6. Domine Deus, largo (Soprano)
  7. Domine Fili Unigenite, allegro (Coro)
  8. Domine Deus, Agnus Dei, adagio (Contralto e Coro)
  9. Qui tollis peccata mundi, adagio (Coro)
  10. Qui sedes ad dextram Patris, allegro (Contralto)
  11. Quoniam tu solus Sanctus, allegro (Coro)
  12. Cum Sancto Spiritu, allegro (Coro)

Analizziamo il GLORIA RV 589
Stiamo parlando di circa trenta minuti di poesia musicale, poco tempo quanto basta per far vivere emozioni di intensa profondità.
Quella che segue non sarà un'analisi formale, armonica o strutturale, ma emotiva, semplice come l'orecchio e il cuore dello spettatore che si presta a vivere queste splendide pagine.

1. Gloria in excelsis Deo. Non poteva comporre una presentazione migliore di quella con la quale "apre" questo meraviglioso capolavoro. Già dalle prime note si avvertono forti richiami alle sue "quattro stagioni", la vivacità, la dinamicità che poi sfocia in uno squarcio celeste del coro che come trombe riecheggiano con una sillabazione ad unisono l'inno più importante per il mondo ecclesiastico. Solo nella ripresa inizia un discreto sfalsamento sillabico e polifonico che poi si ricongiunge con solennità.
2. Et in terra pax hominibus. In questo movimento emerge il lirismo pre-romantico, con suono paterno le voci maschili cullano antichi versi, seguiti poi dalle voci femminili che come madri accarezzano note morbide appartenenti ad un registro grave che con frequenze larghe dondolano la pace. Emergono di volta in volta moderate tensioni armoniche che puntualmente risolvono in un' apertura, come se il tormento si affievolisse a favore della pace. Le note acute dei soprani sono sempre discrete, morbide, nulla è fuori posto poiché l'obiettivo principale è quello di creare un'estasi dello spirito.
3. Laudamus te. Scritto per due soprani o soprano e alto. Poca era la differenza timbrica nel periodo barocco. Non importano i ruoli ma la purezza e l'intensità emotiva. Questo movimento si scosta dall'andante precedente, conducendo l'ascoltatore nel primo vero movimento allegro. Il canto delle soliste ricorda due usignoli che si rincorrono in un gioco di delicati virtuosismi mentre l'orchestra crea il colore e l'odore della terra proiettando verso un non finito.
4-5. Gratias, agimus tibi. Dopo il volteggiare delle voci nel movimento precedente, ritorna la solennità del coro che sigilla il suo Grazie. Subito dopo, con il Propter magnam gloria tua anche le voci del coro riflettono con agilità e briosità la precisa leggerezza del suono della natura che in maniera intelligente si appoggia ad accenti, sfumature come rami dai quali poi saltare giù per riprendere il volo, il tutto termina con eleganza in un aperto accordo maggiore.
6. Domine Deus. Con questo brano iniziano le danze, un valzer lento che con serenità culla l'ascoltatore verso una meditazione celeste. Continue tensioni proiettano il suono e il fiato nell'infinito, nell'oltre al quale apprestarsi con estrema serietà e positività, anche la progressione finale non produce tensioni, paure ma solo un andare avanti, come qualcuno caro che prendendoti per mano ti accompagna in un luogo lontano.
7. Domini Fili Unigenite. Il valze-culla del movimento precedente diventa moto, movimento, diventa un valzer che ricorda il suono delle fronde degli alberi in una fresca giornata primaverile.
8. Domine Deus, Agnus Dei. La preghiera lascia il tempo di valzer per ritornare terra, introdotta da un delicato violoncello. La madre terra chiama e la natura risponde. Si tratta di un dialogo fatto da una presenza forte e un suono, quello del coro che come un eco con discrezione si avvicina e poi si dissolve, e come la perfezione della natura insegna: tutto rientra nella figura del cerchio, così tutto ciò che è stato annunciato dal suono del violoncello, tutto viene perfettamente richiuso (o riaperto) dallo stesso.
9. Qui tollis peccata mundi. Nella perfetta sillabazione ad unisono il coro riprende la maestosità di un brevissimo inno che a momenti si apre in un fugato che non si sviluppa ma porge la mano al movimento successivo.
10. Qui sedes ad dextram Patris. Introdotto dal impetuosi archi, quanto si sta per ascoltare rientra nella categorie delle arie di fuoco tipiche del periodo barocco. Un fuoco in tempo ternario che gioca sul contrasto della voce femminile del solista che con lunghe note porge una tensione crescente mentre i violini ribadiscono il fuoco dal quale nasce del testo concludendo con tensivo trattenuto.
11-12. Quoniam tu solus Sanctus. Come trombe si riprende la solenne scansione sillabica sincrona che sfocia ne Cum Sancto Spiritu in un misto di polifonica solennità, alternata da delicati fraseggi ripresi e riproposti in varie altezze sonore. Il coro è padrone e domina con elegante e presente fraseggio il tessuto musicale che rallenta e si ferma (o non si ferma) solo sul sigillo della parola Amen.

S.G.